Tuesday 12 January 2010

Il servizio di gestione individuale di portafogli di investimento per conto terzi

1. Fonti normative
L'evoluzione dei mercati mobiliari verso una sempre maggiore internazionalizzazione degli scambi si è inevitabilmente riflessa sul contesto normativo comunitario e nazionale.
L'incremento delle possibilità operative dei mercati e dei servizi offerti dagli intermediari finanziari in una prospettiva transfrontaliera, imponeva un'opera di coordinamento delle singole discipline nazionali dei Paesi membri in materia di intermediazione finanziaria. Tale esigenza rispondeva a diverse istanze.
In primo luogo, si rendeva necessario assicurare ai risparmiatori europei garanzie equivalenti di tutela; in secondo luogo, si doveva evitare che l'“arbitraggio normativo” pregiudicasse l'efficiente competizione di mercato degli intermediari operanti nei diversi Stati membri.
La prima regolamentazione a livello comunitario della materia si ebbe con la direttiva n. 93/22/ CEE del 10 maggio 1993 sui servizi di investimento.
Nella versione del '90 non veniva affrontato il tema delle regole comportamentali degli operatori finanziari che restava di competenza dei singoli Stati membri e sfuggiva, quindi, al processo di armonizzazione. La versione definitiva delle direttiva, tuttavia, conteneva uno specifico articolo - l'art. 11 - dedicato alle regole di condotta, nel quale il legislatore comunitario fissava alcuni principi di carattere generale sulla falsa riga dei principi già elaborati nel 1990 in seno alla In­ternational Organization of securities Commission.
Si trattava, di regole che, pur dovendo essere implementate dagli Stati membri, imponevano all'impresa di investimento: a) di agire, nell'esercizio dell'attività, lealmente ed in modo equo, nell'interesse, per quanto possibile, dei clienti e dell'integrità del mercato; b) di agire con la competenza, l'impegno e la diligenza necessari nell'interesse, per quanto possibile, dei clienti e dell'integrità del mercato; c) di disporre delle risorse e delle procedure necessarie per portare a buon fine le attività espletate, e ad utilizzarle in modo efficace; f) di informarsi sulla situazione finanziaria dei clienti, sulla loro esperienza in materia di investimenti e sui loro obiettivi per quanto concerne i servizi richiesti; e) di trasmettere adeguatamente le informazioni utili nell' ambito dei negoziati con i clienti; j) di sforzarsi di evitare i conflitti di interessi e, qualora ciò non fosse stato possibile, di provvedere a che i clienti fossero trattati in modo equo; g) di conformarsi a tutte le normative applicabili all' esercizio delle sue attività in modo da promuovere per quanto possibile gli interessi dei clienti e l'integrità del mercato.
Era chiara dunque, l'affinità dei principi comunitari con quanto già previsto dal legislatore italiano nella legge n. 1/1991.
Tali aspetti furono tenuti in debita considerazione dal legislatore delegato del '96 che, con il d. 1gs. n. 415 (c.d. decreto Eurosim) nel recepire la direttiva n. 93/22/CEE:, dava luogo ad una accentuata delegificazione in virtù della quale molti profili precedentemente disciplinati dalla legge venivano attribuiti al potere regolamentare (dell’allora) Ministero del tesoro, della Banca d'Italia e della Consob; dava atto, chiaramente, della necessità di calibrare le regole comportamentali a seconda della natura professionale o meno dell'investitore ed infine adeguava la disciplina normativa del conflitto di interessi alla regolamentazione europea.
L'art. 17 del citato decreto formulava così alcuni standard comportamentali che gli operatori finanziari dovevano (e devono, visto che oggi tali principi sono presenti nel TUF ) rispettare nello svolgimento dei servizi di investimento, soffermandosi, in particolare, sugli obblighi generali di correttezza, buona fede e diligenza, sugli obblighi informativi, sui profili attinenti l'organizzazione interna e sulla disciplina del conflitto di interessi[1]. Parallelamente delegava la Consob, sentita la Banca d'Italia, di disciplinare con regolamento: a) le procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e la tenuta delle evidenze degli ordini impartiti e delle operazioni effettuate; b) il comportamento da osservare nei rapporti con la clientela, con particolare riguardo alle misure da adottare per ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse anche attraverso la regolamentazione dei flussi informativi tra i diversi settori dell'organizzazione aziendale; c) gli obblighi informativi nell'attività di negoziazione (art. 25, comma 2 dello stesso decreto).
L'Autorità di Vigilanza emanò il regolamento n. 10943/97 implementando la delega legislativa e disciplinando dettagliatamente i profili menzionati.
Il risultato è stato la creazione di un sistema di tutela del risparmiatore completo, e la successiva emanazione del Testo Unico della Finanza (c.d. TUF), articolato in sezioni relative ai soggetti, agli oggetti, ai controlli, alle strutture dei singoli mercati. Erano queste le finalità della legge 6 febbraio 1996, n. 52 che, nel recepire la direttiva n. 93/22/CEE in materia di servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, conferiva al Governo la delega per riordinare le normative sugli intermediari e sui mercati finanziari, prevedendo la possibilità di intervenire anche in tema di società emittenti, seguendo un'impostazione attenta alle esigenze di tutela del risparmio e degli azionisti di minoranza .
Il decreto Eurosim costituiva il “passaggio” necessario per rispettare gli impegni comunitari nel mentre la Commissione coordinata dalla Direzione Generale del Ministero del tesoro, lavorava per porre in essere il Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria, con l’obiettivo di riordinare l'articolato quadro normativo, attraverso un'opera di semplificazione e di delegificazione.
La gestione individuale di portafogli è, dunque oggi, disciplinata dal d. lgs n. 58 (il Testo Unico della Finanza appunto, art. 1 co. 5 lett. d) e art 24) emanato il 24 febbraio 1998 e dalla disciplina regolamentare di attuazione ( Regolamento Consob 1° luglio 1998, n. 11522/98[2] ), il quale, in considerazione dell' ampia delegificazione della materia disposta dalla legge delega ed attuata dal relativo decreto n. 58, occupa un ruolo assai rilevante.

2. Definizione
La norma di apertura del TUF è dedicata, secondo una tecnica ormai diffusa soprattutto nei testi legislativi che recepiscono direttive comunitarie, ad una lunga, anche se non del tutto esaustiva, elencazione di definizioni. Il comma quinto recepisce la nozione, anch’essa di derivazione comunitaria, di servizi di investimento che già con il decreto Eurosim aveva sostituito quella di attività di intermediazione mobiliare prevista dalla l. n. 1/1991[3]. Il testo normativo non fornisce, tuttavia, alcuna formula definitoria delle attività in parola[4]: l’art 24 si limita, infatti, ad indicare quali norme si applicano al servizio senza approfondire la individuazione del suo oggetto[5] ,che deve quindi essere ricavata, oltre che dallo studio delle disposizioni regolamentari delle autorità di vigilanza, dalla disciplina commerciale e dalla prassi di mercato.
Il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi (dizione che sostituisce quella di “gestione di patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari”) si può definire come il servizio con cui il cliente delega l’intermediario, dietro corrispettivo, a gestire discrezionalmente e nel rispetto della disciplina normativa, uno specifico patrimonio (che resta distinto sia dal patrimonio dell’intermediario, sia da quello di eventuali altri investitori[6] ) investendolo prevalentemente in strumenti finanziari, con lo scopo specifico di valorizzarlo nel corso del tempo[7]. Si tratta di un servizio che si differenzia dagli altri soprattutto in considerazione del trasferimento formale del potere decisionale dall’investitore all’intermediario (con i limiti che vedremo); la gestione individuale si caratterizza quindi, ma non solo, per la discrezionalità di cui gode l’intermediario nell’esecuzione dell’incarico. La natura discrezionale del servizio gestorio emerge chiaramente dalla disciplina normativa di riferimento e si ritrova anche nel testo della proposta della direttiva relativa ai servizi di investimento e ai mercati regolamentati: l’allegato I indica, infatti, tra i servizi di investimento la “gestione su base discrezionale individualizzata, di portafogli di investimento nell’ambito di un mandato conferito dai clienti, qualora tali portafogli includano uno o più strumenti finanziari”; e proprio nella delega della “ decisione “, anziché della sola “ esecuzione “ viene ravvisato, inoltre, il criterio distintivo tra gestione vera e propria e mera amministrazione[8] .
Oltre alla discrezionalità del gestore, che come si vedrà, viene in parte limitata dalle istruzioni vincolanti date dal cliente, tanto relative agli aspetti generali dell’attività, quanto in relazione alle singole operazioni[9], ulteriori elementi caratterizzanti il servizio in esame sono la presenza di un rapporto individualizzato tra investitore ed intermediario che si concretizza nell’individuazione di una specifica linea di gestione[10]; lo svolgimento dell’attività nell’esclusivo interesse del singolo cliente-investitore[11] e lo scopo specifico della valorizzazione del patrimonio (portafoglio) del cliente[12]. Sul punto è intervenuta anche la Consob, precisando che l’attività di gestione patrimoniale individuale si connota principalmente proprio per la finalità di valorizzazione di un determinato patrimonio, perseguita mediante il compimento di una serie di atti unitariamente volti al conseguimento di un risultato utile dell’attività di investimento e disinvestimento in valori mobiliari[13].
Occorre, inoltre, ricordare la direttiva comunitaria n. 2004/39/CE[14], in tema di servizi di investimento e mercati degli strumenti finanziari, che definisce la gestione individuale come discrezionale e avente ad oggetto portafogli di investimento che includono uno o più strumenti finanziari.
Ai sensi dell’art. 4, paragrafo 1, n. 9) della suddetta direttiva, infatti, la gestione su base individuale di portafogli è definita come “gestione, su base discrezionale ed individualizzata, di portafogli di investimento nell’ambito di un mandato conferito dai clienti, qualora tali portafogli includano uno o più strumenti finanziari”.
Prima di concludere questo breve esame relativo alla nozione del servizio di gestione individuale di portafogli di investimento per conto terzi, e agli elementi che principalmente lo caratterizzano, è necessario fare, quantomeno un accenno ai soggetti che sono autorizzati a svolgerlo e alla sua natura giuridica.
Lo svolgimento del servizio di gestione individuale di portafogli è oggetto di una riserva a favore di particolari soggetti[15]. Con riguardo specifico alla individuazione degli intermediari abilitati allo svolgimento di questo servizio, deve sottolinearsi una maggiore ampiezza di tale ambito soggettivo rispetto a quella che caratterizza i rimanenti servizi di investimento.
Per il servizio in esame infatti, non vale soltanto la regola fissata dall’art. 18, co. 1, TUF, per cui “ l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di investimento è riservato alle imprese di investimento e alle banche”, ma anche la disposizione aggiuntiva del comma 2°, per cui “le società di gestione del risparmio possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico il servizio previsto dall’art 1 co. 5, lett. d) “ . La capacità delle SGR non è, dunque, limitata alla gestione collettiva ma si estende, sia pure come facoltà, alla gestione individuale di portafogli di investimento[16]. Occorre infine tener conto di due ulteriori categorie di soggetti che, seppur in via transitoria, mantengono la capacità di svolgere questo servizio: le società fiduciarie e gli agenti di cambio[17].
Per quanto riguarda, infine, la natura giuridica del rapporto di gestione, in questa sede (si veda il capitolo 2) sarà sufficiente dire che da più di due decenni è in corso una diatriba tra coloro che ritengono necessario ricondurre il rapporto in questione allo schema contrattuale del mandato in considerazione delle affinità strutturali connesse alla cooperazione gestoria, e coloro invece che sostengono la tipicità del contratto di gestione, che pur riprendendo sicuramente alcuni dei tratti propri della disciplina del mandato, non si confonde del tutto con questa. Da ciò l’inadeguatezza del riferimento all’art 1703 c.c. e seguenti, se non per talune norme applicabili al fine di colmare le lacune della disciplina speciale e agevolarne l’interpretazione. La tesi attualmente prevalente in dottrina è in quest’ultimo senso.
2.1. La nozione di portafoglio di investimento
L’indagine relativa alla nozione di portafoglio di investimento è necessaria a circoscrivere e definire con più precisione il servizio di gestione individuale del risparmio, rappresentando l’oggetto materiale di tale attività. Purtroppo né il legislatore comunitario, né il legislatore nazionale ne hanno fornito una definizione; sembra opportuno allora ripercorrere brevemente le tesi sostenute dalla dottrina, partendo dalla nozione di patrimonio utilizzata precedentemente all’entrata in vigore del TUF, per giungere a quella che oggi è ritenuta pacificamente la nozione di portafoglio finanziario.
La legge 1/91 utilizzava più volte con riguardo all’oggetto del contratto di gestione il termine “patrimonio“. Se ne parlava in primo luogo all’art. 1[18], che prevedeva, tra le attività di intermediazione mobiliare, la gestione di patrimoni. L’art. 8 della stessa legge ribadiva poi che “oggetto del contratto stipulato tra cliente ed intermediario è la gestione di un patrimonio”. L’affidamento riguardava un insieme di valori e titoli unitamente considerato che costituiva a tutti gli effetti patrimonio distinto da quello degli altri clienti e sul quale i soli creditori del cliente stesso potevano agire[19]. Ancora, con riferimento all’oggetto materiale della gestione la disciplina regolamentare aveva introdotto il concetto di dimensioni del patrimonio gestito; tale espressione confermava, quanto meno sul piano dell’interpretazione letterale, che oggetto della gestione era un complesso di beni (denaro e/o valori mobiliari) unitamente considerato. Il fatto che la legge ed i regolamenti parlassero di patrimonio individuale, senza dare ulteriori specificazioni confermava che l’oggetto della gestione era considerato come un’entità dinamica, che anche dopo l’affidamento all’intermediario e successivamente ai frequenti mutamenti strutturali che avrebbero potuto riguardarla, conservava comunque l’unitarietà iniziale[20].
Nel d. lgs. n. 415/96 il legislatore non faceva più riferimento ai patrimoni, bensì a “portafogli di investimento” in gestione. La dottrina ritenne che il dato non smentiva le conclusioni raggiunte, in materia di gestioni di patrimoni, sotto la vigenza della legge precedente[21], giacché non parve che la diversità di termini in uso denotasse una diversità sostanziale delle due fattispecie; tra l’altro, l’espressione “patrimonio” compariva comunque diverse volte nel decreto Eurosim. Si ritenne allora che il legislatore, nel d. lgs. 415/96, avesse semplicemente preferito adeguarsi alle scelte terminologiche della direttiva comunitaria[22].
Oggi il legislatore nel Testo Unico della finanza fa esclusivo riferimento ai portafogli di investimento, così come la disciplina regolamentare, “nozione questa meno compromettente rispetto a quella di patrimonio sotto il punto di vista dogmatico, dato che non allude ad una categoria civilistica ma semplicemente alla composizione strutturale di un investimento. Essa disegna, infatti, “meramente un’entità economica, non giuridica, e sopratutto non richiede (per lo meno non necessariamente) indagini relative alla titolarità dei beni in gestione”[23].
Per quanto riguarda il contenuto di tali portafogli finanziari si ritiene che – a differenza di altri servizi di investimento, che possono avere ad oggetto unicamente strumenti finanziari – un portafoglio di investimento possa comprendere anche beni ed attività diversi dagli strumenti finanziari e dal denaro, purché sia composto in maniera prevalente da questi ultimi[24].

3. Il contratto
Il contratto di gestione individuale di portafogli di investimento per conto terzi è disciplinato dagli articoli 23 e 24 del Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria e dalle disposizioni contenute nella sezione IV, capo II del libro III del regolamento Consob 11522 / 98 [25].
Le disposizioni contenute nell’art. 23 si riferiscono a tutti i contratti relativi ai servizi di investimento e accessori, stabilendo delle regole generali che possono eventualmente essere derogate dalla disciplina speciale del singolo contratto considerato.
E speciale è la disciplina del contratto di gestione individuale di portafogli finanziari, con motivazioni di immediata evidenza. I poteri che con il contratto si conferiscono all'impresa di intermediazione, e le prestazioni di servizio che se ne ricevono, presentano infatti caratteri assolutamente particolari. Per la natura stessa del rapporto di gestione, come sappiamo, l'investitore consegna all'intermediario denaro (o denaro e valori) domandando una allocazione di risorse e una loro successiva movimentazione che saranno, di volta in volta diverse, ma nella generalità dei casi comunque caratterizzate da una ampia discrezionalità dell'agire dell'impresa “gestore”[26]; cosa che rende necessaria una più rigorosa normativa di garanzia.
Le regole di comportamento specifiche per il contratto relativo alla prestazione del servizio di gestione di portafogli di investimento sono contenute nell’ art. 24 co. 1[27].
In particolare, la lett. a) prevede l’obbligo di forma scritta che, anche se non indicato espressamente, deve ritenersi ad substantiam, argomentando dalla disposizione del secondo comma[28]; l’importanza della forma scritta nel servizio di gestione individuale è testimoniata dalla specifica riproduzione di tale precetto[29], finalizzata a sancirne l’inderogabilità in sede regolamentare anche in caso di contratto concluso con operatori qualificati[30], a differenza dell’esonero consentito dall’art. 23 per gli altri servizi di investimento, per ragioni tecniche o per le natura professionale dei contraenti. Quale che sia l'identità dell'investitore e quale che sia il genere di gestione, il contratto dovrà, quindi, avere sempre forma scritta.
Il contenuto minimo del contratto di gestione, invece, non è fissato dall’art 24, ma dalla normativa secondaria[31]; le indicazioni richieste sono finalizzate a delimitare la discrezionalità dell’intermediario ed a consentire al cliente di essere edotto dei rischi che gravano sulla conservazione del patrimonio gestito[32]( vedi infra )[33].
Alcune delle disposizioni dell’art 24 co. 1 sono rivolte alla disciplina del rapporto di gestione, attraverso la definizione dei diritti e degli obblighi dei contraenti.
In questa prospettiva rientra innanzitutto la regola di cui alla lett. b), secondo la quale il cliente può impartire “ istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere “. Con l’attribuzione della facoltà di dare istruzioni si rende l’investitore consapevole di conservare il potere di disposizione dei propri beni e si contribuisce a delimitare la discrezionalità del gestore. Rientra, inoltre, nel potere di impartire istruzioni ,in positivo, quello di indicare le operazioni che il gestore deve sottoporre al preventivo assenso dell’investitore[34].
Per le istruzioni vincolanti che intervengono nel corso del rapporto di gestione, il contratto deve almeno indicare le modalità attraverso cui esse vanno impartite[35].
A differenza dell’art. 8 lett. e) della l. 1/1991, l’art. 24 co. 1 lett. b), non fa salvo il diritto di recesso del gestore ai sensi dell’ art. 1727 c.c.. Questo non significa che le istruzioni del cliente siano in ogni caso vincolanti, posto che deve tenersi conto del più ampio diritto di recesso attribuito all’intermediario dall’art. 24, co. 1, lett. d) , esercitabile anche in presenza di ordini chiaramente rischiosi, idonei ad integrare gli estremi della giusta causa di recesso (si veda il paragrafo successivo).
Nella stessa prospettiva della tutela dell’interesse del cliente attraverso il regolamento contrattuale, va inserita la regola (sempre dell’art. 24) lettera c), con la quale si vieta alle imprese di investimento, alle società di gestione del risparmio ed alle banche di contrarre obbligazioni per conto del cliente che lo impegnino oltre il patrimonio gestito, salvo specifica istruzione scritta del cliente stesso.
Infine le lettere e) ed f) sono relative alle modalità di prestazione del servizio da parte degli intermediari abilitati. L’art 24, co. 1 lett. e) riguarda l’esercizio del diritto di voto relativo agli strumenti finanziari affidati in gestione. La rappresentanza per il diritto di voto può essere attribuita all’impresa di investimento, alla SGR ed alla banca per una singola assemblea, sulla base di una procura scritta. Ai soggetti indicati dalla norma in esame vanno aggiunti gli agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale[36]. I limiti e le modalità della rappresentanza per l’esercizio del diritto di voto sono contenuti in un regolamento emanato dal Ministro dell’economia e della finanza, sentite la Banca d’Italia e la Consob [37]; tra le altre disposizioni, il regolamento prevede che la rappresentanza deve risultare da un modulo predisposto dall’intermediario abilitato ed a costui restituito almeno un giorno prima dell’assemblea regolarmente convocata; l’art 5 del regolamento inoltre, richiamando la disciplina del mandato, ex art 1711, co. 2, c.c., consente all’intermediario di discostarsi dalle indicazioni di voto del cliente in caso di fatti sopravvenuti di particolare rilievo, tali da far ragionevolmente considerare che il socio, se li avesse conosciuti, avrebbe votato in maniera differente; tale facoltà deve essere tuttavia espressamente indicata nel suddetto modulo, non essendo sufficiente la mancanza di una sua espressa esclusione da parte del cliente; è richiesta inoltre l’immediata comunicazione al socio del voto difforme, con le relative motivazioni.
Si ritiene che l’attribuzione del potere di rappresentanza ha portata generale, si estende a tutti gli strumenti finanziari e non solo alle azioni di società.
La lettere f) infine prende in considerazione la possibilità per l’intermediario di delegare l’incarico ricevuto, anche con riferimento all’intero portafoglio, a soggetti autorizzati alla prestazione del servizio di gestione di portafogli di investimento, previa autorizzazione scritta del cliente. In concreto, la possibilità di rilasciare deleghe a soggetti terzi può contribuire alla migliore realizzazione dell’interesse del cliente, dato che può consentire di accedere a competenze specialistiche e di perseguire economie di scala nella prestazione del servizio[38]. Tuttavia è necessario che la delega non determini uno svuotamento di funzioni e soprattutto di responsabilità dell’intermediario delegante[39]. Per queste motivazioni la Consob ha previsto una serie di limiti e condizioni per l’esercizio della delega che in buona sostanza possono essere così riassunti: la delega non implica alcun esonero o limitazione di responsabilità dell’intermediario delegante; deve avere una durata determinata e deve poter essere revocata con effetto immediato da quest’ultimo; la delega deve infine contenere le clausole che, nei casi in cui l’esecuzione delle operazioni non sia subordinata al preventivo assenso del delegante, prevedano che il delegato debba attenersi, nelle scelte degli investimenti, alle indicazioni impartite periodicamente dall’intermediario delegante[40].
Prima di concludere il discorso relativo al contratto del servizio di gestione individuale di portafogli finanziari si deve ricordare che l’art 24 co. 2[41] fissa la regola secondo la quale ogni pattuizione contraria alle previsioni del primo comma è nulla; analogamente a quanto previsto dall’art 23, si tratta di nullità che può essere fatta valere soltanto dal cliente[42].

4. Il diritto di recesso del cliente
Nella disciplina del rapporto di gestione rientra anche la previsione della lett. d), art. 24 relativa al diritto di recesso dal contratto di gestione sia da parte del cliente, che dell’intermediario. Al cliente è attribuito il diritto di recedere dal contratto in ogni momento, anche in mancanza di giusta causa, nonostante si tratti di contratti a tempo determinato. Inoltre, risolvendosi una questione controversa, si stabilisce che al cliente non è addebitata alcuna penalità, onde il carattere gratuito del recesso. In alternativa al recesso viene previsto espressamente il diritto del cliente di trasferire o di ritirare in tutto o in parte le somma o i valori mobiliari di cui è titolare[43].
Ciò discende dalla disciplina introdotta dall’art. 21, 2° comma[44], secondo cui la gestione, così come gli altri servizi di investimento, può essere svolta dall’intermediario anche in nome proprio; pertanto, tale diritto non è più ricollegabile alla preesistente titolarità in capo al risparmiatore del denaro e dei valori conferiti in gestione.
È tuttavia pacifico che il cliente recedente potrà giovarsi a tale fine del regime di separazione patrimoniale previsto nell’art. 23 e valevole anche per l’ipotesi in cui l’intermediario agisca con la spendita del nome proprio.
Il recesso ha efficacia immediata e sospende il compimento di operazioni da parte dell’intermediario sul patrimonio gestito, salvo gli atti necessari alla conservazione del patrimonio gestito e le operazioni non ancora eseguite, già disposte dall’investitore e da costui non revocate[45].
La previsione a favore del cliente del diritto di recedere in qualsivoglia momento e senza necessità di preavviso dal rapporto di gestione risponde ad un’evidente necessità di tutela della posizione dell’investitore: la possibilità di sciogliersi in ogni momento dal contratto e di ottenere la restituzione del proprio patrimonio, rappresenta un diritto di cui egli non può essere privato, anche alla luce di ciò che è stabilito nell’art 24 co. 2 che sanziona con la nullità le pattuizioni in contrasto con quanto richiesto dalla norma primaria.
4.1 Il diritto di recesso dell’intermediario
L'art. 24, comma 1, lett d) TUF stabilisce che il cliente può recedere in ogni momento dal contratto «fermo restando il diritto di recesso dell'impresa di investimento, della società di gestione del risparmio o della banca ai sensi dell'articolo 1727 del codice civile».
Tale previsione, oltre a costituire un indice della stretta parentela tra il contratto di gestione patrimoniale e quello di mandato[46], è di diretto interesse quanto al profilo della responsabilità del gestore, posto che la disposizione codicistica richiamata stabilisce in capo al man­datario e, quindi, al gestore un obbligo di risarcire il danno al mandante in caso di recesso senza giusta causa dal mandato a tempo determinato nonché in caso di mandato a tempo indeterminato, di rinunzia senza aver dato un congruo preavviso. Pure di rilievo è la portata del richiamo alla disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 1727 c.c., secondo cui in ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso d'impedimento grave da parte del mandatario.
A ridurre, peraltro, l'ambito di responsabilità del gestore, vi è la considerazione, svolta in dottrina, per cui dovrebbe comunque ritenersi ampliata l'area del recesso per giusta causa, e questo in virtù del fatto che la norma contenuta nella lett. d) deve ritenersi ricomprendere anche l'ipotesi in cui l'intermediario receda dal rapporto in quanto non intenda aderire ad istruzioni vincolanti da parte del cliente[47].
La dottrina si è domandata se la disciplina del recesso del gestore come apprestata nell'art. 24 TUF possa interfe­rire, laddove il risparmiatore rivesta la qualità di consumatore ai sensi dell'art. 1469-bis co. 2 c.c.[48], con la disciplina dettata (appunto) in materia di clausole vessatorie nei contratti tra professioni­sta e consumatore[49].Ebbene in questo caso, si ritengono applicabili le regole fissate dall’art. 1469, co. 4°, c.c. secondo cui se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga a quanto previsto dal numero 8) del terzo comma dello stesso articolo[50], recedere qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore-investitore.
[1] L'art. 17, comma 1 del decreto Eurosim disponeva che: «nella presta­zione dei servizi previsti dal presente decreto le imprese d'investimento e le banche devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo tratta­mento; cl) disporre di risorse e di procedure, anche di controllo interno, idonee ad as­sicurare l'efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sugli stru­menti finanziari e sul denaro affidati».
[2] Così come modificata ed integrata dalle deliberazioni Consob 9 dicembre 1998 n. 11745; 1° marzo 2000, n. 12409 ; 20 aprile 2000, n. 12498 ; 18 aprile 2001 n. 13082 ed in fine 6 agosto 2002 n. 13710.
[3] L’art 1, comma 5, TUF, stabilisce che per servizi di investimento si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e9 ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione.
[4] ANNUNZIATA F., La disciplina del mercato mobiliare, Torino 2004, La disciplina del mercato mobiliare, Milano 2004, p.
[5] Così come il regolamento Consob n. 11522 del ’98, che pur specificando il contenuto del contratto del servizio di gestione individuale di portafogli non né fornisce una definizione diretta, in questo senso FALCONE G. – GRECO G. L. – ROTONDO G., La responsabilità nella prestazione dei servizi di investimento, Milano, 2004, p.
[6] Inoltre non è essenziale,ai fini della configurazione del servizio, che il patrimonio venga materialmente consegnato all’intermediario gestore: il patrimonio può essere infatti depositato presso un soggetto terzo, purché il gestore abbia comunque la possibilità di movimentarlo.
[7] Così SARTORI F., Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano 2004, p.
[8] In questo senso COSSU M., La gestione di portafogli di investimento tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari. 2002 p, 52.
[9] Limitazioni che rappresentano uno degli elementi di distinzione della gestione individuale rispetto a quella collettiva, le norme che la disciplinano infatti, non prevedono la possibilità per il cliente di impartire istruzione vincolanti al gestore.
[10] Teoricamente variabile da investitore a investitore, che tiene conto della situazione finanziaria e degli obiettivi dei diversi clienti, nonché delle loro propensioni al rischio. Nella realtà tuttavia il grado di personalizzazione del servizio risulta spesso alquanto ridotto a causa di un incalzante processo di standardizzazione delle linee gestorie: l’investitore di solito sceglie una linea di gestione predefinita dall’intermediario, viene assimilato agli atri clienti che hanno compiuto la medesima scelta e trattato nello stesso modo. Tuttavia la presenza di una vasta gamma delle gestioni proposte e la possibilità concreta del cliente di intervenire in ogni momento sull’attività dell’intermediario mediante istruzioni specifiche e vincolanti non permettono al fenomeno della standardizzazione dei rapporti tra gestore e cliente di influire sulla natura del servizio prestato. Cfr. SARTORI F., op ult. cit., p.
[11] Altro fondamentale elemento di distinzione tra la gestione su base individuale e la gestione a monte del risparmio: quest’ultima, infatti, si svolge nell’interesse collettivo di una pluralità di investitori e non nell’interesse e per conto del singolo cliente.
[12] L’obiettivo che l’investitore si prefigge è quello di avvalersi dell’esperienza e delle competenze di un soggetto professionale per affidargli un determinato patrimonio da investire con l’obbiettivo,il cui esito non è garantito, di aumentarne il valore.
[13] Comunicazione Consob n. 95010385, del 5 dicembre 1995. Inoltre cfr. SANTANGELO A., La responsabilità dell’intermediario finanziario per la gestione di portafogli mobiliari, p. l’A . rileva che una lettura in termini giuridici della realtà macroeconomica ha portato a fornire una nozione più estensiva del “fenomeno”: nel senso cioè che lo stesso concetto di valorizzazione, in quanto eccessivamente legato all’ idea di incremento di valore, debba piuttosto ricondursi a quello di “bilanciamento tra rendimento ottenibile e rischio assunto, coerentemente alle esigenza finanziarie dell’investitore”.
[14] Il termine per l’attuazione è previsto per il 30 Aprile 2006. Tuttavia a causa delle difficoltà che stanno incontrando gli Stati membri è stata avanzata una proposta di posticipare la suddetta data al fine di garantirne una effettiva ed uniforme attuazione.
[15] Così COSTI R., Il mercato mobiliare, 2000, p 136. L’autore afferma che la qualità dei soggetti abilitati costituisce un presupposto soggettivo del contratto.
[16] L’art 18 TUF co. 5 lett. b) stabilisce inoltre che Il ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la Banca d’Italia e la Consob adotta le norme di attuazione e di integrazione delle riserve di attività previste dallo stesso art 18 nel rispetto delle disposizioni comunitarie.
[17] Lo svolgimento della attività di gestione non è invece previsto, a differenza di altri servizi di investimento, quali la negoziazione per conto terzi, il collocamento e la raccolta ordini, a favore delle Poste Italiane s.p.a., in considerazione dell’art. 2 e dell’art. 12 del d.P.R. n. 144, del 2001 contenente il “regolamento recante norme sui servizi di bancoposta”, che non richiamano tale servizio nell’elenco di quelli consentiti.
[18] Art 1 co. 1, lett. c)
[19] Oggi la disciplina della separazione patrimoniale è contenuta nell’art 22 TUF.
[20] COSSU M., La gestione di portafogli di investimento tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari, Milano 2002, P.
[21]E quindi: l’unitarietà e la dinamicità dell’insieme dei beni (valori e/o denaro) costituenti il portafoglio di investimento).
[22] La direttiva 93 / 22 / CEE.
[23] COSSU M., op. ult. cit., p.
[24] Ad esempio valute.
[25] Denominata appunto “ gestione di portafogli “.
[26] BESSONE M., Servizi di investimento e disciplina del contratto. Milano 2002, p.
[27] Art 24: Gestione di portafogli di investimento:
1. Al servizio di gestione di portafogli di investimento si applicano le seguenti regole:a) il contratto è redatto in forma scritta;b) il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere;c) l'impresa di investimento, la società di gestione del risparmio o la banca non possono, salvo specifica istruzione scritta, contrarre obbligazioni per conto del cliente che lo impegnino oltre il patrimonio gestito;d) il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il diritto di recesso dell'impresa di investimento, della società di gestione del risparmio o della banca ai sensi dell'articolo 1727 del codice civile;e) la rappresentanza per l'esercizio dei diritti di voto inerente agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita all'impresa di investimento, alla banca o alla società di gestione del risparmio con procura da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentite la Banca d'Italia e la Consob;f) l'esecuzione dell'incarico ricevuto può essere delegata, anche con riferimento all'intero portafoglio, a soggetti autorizzati alla prestazione del servizio di gestione di portafogli di investimento previa autorizzazione scritta del cliente.
2. Sono nulli i patti contrari alle disposizioni del presente articolo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.
[28] Che commina la nullità dei patti contrari alle disposizioni del presente articolo.
[29] Appunto nell’art 24. oltre che nell’art 23.
[30] Art 31, co. 1 regolamento Consob 11522/98.
[31] Art 37 regolamento Consob 11522/98
[32] MIOLA M., Commento all’art 24, in Testo unico della finanza, Commentario diretto da G. F. Campobasso, Torino, 2002. p. 213.
[33] Gli articoli 37 e 38 del reg. Consob 115/22 indicano specificatamente il contenuto del contratto di gestione, indicazioni che possono essere interpretate anche come istruzioni vincolanti generali, impartite dal cliente all’intermediario al momento della stipulazione del contratto e quindi prima dell’inizio dell’attività gestoria; proprio seguendo questa interpretazione ho deciso di approfondire l’argomento nel capitolo successivo dedicato più specificatamente alle istruzioni vincolanti.
[34] RABITTI BEDOGNI C., Commentario al testo unico dell’intermediazione finanziaria, Milano 1998, p.
[35] Art. 30 co. 1 lett. c) Reg. Consob 11522/98.
[36] Ai sensi dell’art 201, co. 7 e 12 TUF.
[37] D. M. tesoro n. 470 del 1998.
[38] Con una evidente riduzione dei costi per il cliente.
[39] ANNUNZIATA F ., La disciplina del mercato mobiliare. (2004).
[40] E’ invece ancora discusso se nei confronti dell’intermediario delegato sia consentita l’azione diretta dell'investitore gestito ai sensi dell’art 1717 co. 3 c.c. , secondo il quale il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario. Ammettendo la possibilità di un’azione diretta da parte del cliente dell’intermediario delegante, ferma restante la responsabilità di quest’ ultimo, si rafforzerebbe la tutela dell’investitore in armonia con l’impianto normativo., data la possibilità di agire tanto nei confronti del delegante, quanto del delegato.
[41] Vedi nota 28.
[42] E’ dubbio se la nullità possa estendersi alle disposizioni del regolamento 11522/98, quando la violazione della norma regolamentare non integra una violazione della norma di legge. La formulazione dell’art 24 sembrerebbe escluderlo, in questo senso ANNUNZIATA, op. ult. cit., p.
[43] Così come stabilito dall’art. 37, 1° comma, lett. e), regolamento Consob n. 11522/98 secondo cui il contratto deve specificare che l'investitore può recedere in qualsiasi momento dal contratto ovvero disporre, in tutto o in parte, il trasferimento o il ritiro dei propri valori, senza che a esso sia addebitata alcuna penalità
[44] “Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.”
[45] Art. 37, 1° comma, lett. f) regolamento Consob n. 11522/1998
[46] Pur potendo, peraltro, essere considerata tanto come indice di una riconducibilità del contratto di gestione patrimoniale al tipo del mandato, quanto, invece, di una semplice applicabilità della disciplina di quest'ultimo per ana­logia nelle parti non disciplinate.
[47] Ipotesi che, invece, era espressamente prevista dall'art. 8, comma 1, lett. e) della legge n. 1 del 1991.
[48] “Il consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.” Il professionista, invece, viene definito come la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale.
[49] Articoli 1469 bis e ss.
[50] Che presume come vessatoria, fina a prova contraria, la clausola che consente al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa.